L'artista


Bruno Venturelli nasce a Milano nel 1953 dove vive e lavora. Pubblicitario nei primi anni 80 è oggi ideatore di oggetti per la regalistica aziendale. Oggetto preferito: la clessidra. Una passione che gli permette di sposare la concretezza dei materiali e della manualità a uno dei concetti più astratti che "non conosciamo": il TEMPO.

Dare tempo al tempo
C'è un equivoco che interviene puntuale in ogni ragionar di tempo: la sua presupposta irreversibilità, quella minaccia di morte che il presente contiene e fa del futuro una scatola a perdere, uno scherzo che incanta e ferisce comunque.
Uno solo è l'attrezzo piccolo e mobile che sfida a fondo i misteri temporali, e ne provoca un'interrogazione paradossale, l'orologio a sabbia, quel sablier che solo erroneamente nella lingua italiana è chiamato clessidra; ladro d'acqua, ma non c'è liquido dentro le ampolle che si girano uguali, solo polvere asciutta e precisa, docile al gesto che la rovescia e ne stabilisce per sempre la sola provvisoria instabilità.
Sono attori di questo particolare privilegio di circolarità le clessidre di Bruno Venturelli: intelaiature severe nascondono un'anima fragie e trasparente; bricolages che incrociano orme pesanti (le parti metalliche, i bulloni, le viti, le molle, frammenti di un mondo meccanico ora costretto all'immobilità), e placido scorrere di memorie leggere (le sabbie di mari lontani, le polveri fini, i cristalli pestati). A tutto destinate fuorché a misurare il tempo; semmai a nasconderlo e a beffarlo, a irriderlo, a fermarlo, a provocarlo ancora.
Così ci si imbatte in trappole per topi e spirali, e cilindri, dentro i quali si gonfiano bolle di vetro che raccontano il ripetersi di un disegno creativo testardo, di una lungo e proterva ossessione. Forme di tempo congelato e distratto, arrestato dietro inflessibili sbarre di ottone, avvitato a placche di ghisa, inchiodato al legno e alla pelle.
Stanno tutte lì, dritte e severe come soldatini di piombo con l'anima di cristallo e sabbia, e si ha voglia di starne ad ascoltare il silenzio, rispettarne la calma. Quella con cui hanno piegato il tempo al loro volere di oblio, scegliendo un destino immortale da oggetti apparenti, da gufi sornioni, da esplosivi in sordina: inflessibili nel chiedere pazienza e inquietudine.